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Scritti da Gyòrgy Lukàcs nel 1940, nel momento più oscuro della nostra storia, questi "Studi sul Faust" spiccano oggi come una delle migliori introduzioni al capolavoro goethiano e come uno dei saggi del filosofo ungherese che meglio hanno retto l'usura del tempo. Goethe non è soltanto per Lukàcs il genio che meglio sintetizza il momento più splendido della letteratura borghese nella sua fase ascendente, nella sua contrapposizione vittoriosa alla visione del mondo della feudalità al tramonto; è anche e soprattutto un poeta al quale lo avvicina un'empatia profonda, che gli consente di superare le angustie di un'interpretazione a tratti ideologica, che pesa su molte delle sue analisi della letteratura contemporanea. Gli "Studi sul Faust" e gli altri saggi sull'età goethiana poi raccolti in "Goethe e il suo tempo" consentono a Lukàcs di contrapporre alla barbarie del nazismo la voce più umana, più illuminata, più europea in cui si sia mai incarnato il magistero della lingua tedesca. L'applicazione intelligente delle categorie interpretative ricavate dalle opere giovanili di Marx, lungi dall'essere una gabbia ideologica che irrigidisce l'interpretazione, si trasforma in una leva potente, che permette a Lukàcs di mettere in luce un elemento fondamentale della visione di Goethe: la perfetta convergenza della "magia" di Mefistofele con il "magico" potere del denaro che, nella nascente società del capitalismo industriale, si appropria delle forze essenziali dell'uomo e le sfrutta a proprio vantaggio.